Descrizione
L’identità dell’uomo è una forza dinamica in perenne tensione tra le certezze inseguite dalla scienza e gli orizzonti sempre nuovi immaginati dalla letteratura. Questa è la tesi di Jacob Bronowski, che con un originale esperimento di sintesi prova a esplorare i codici profondi di queste due discipline, scoprire in che modo dialogano e cercare ciò che le accomuna. E come in un gioco di specchi racconta di una scienza capace di cogliere l’unicità dell’uomo mantenendo intatti l’esattezza e il rigore del proprio metodo, e di una letteratura come infinita riserva di “altri da noi”, in grado di disegnare una mappa dei sentimenti e delle pulsioni umane paragonabile per completezza a un sistema scientifico. Senza però pretendere di fornire certezze immutabili perché, in fondo, l’identità dell’uomo è un dilemma eternamente insoluto e una società convinta di non aver più bisogno di cercare la verità è una società autoritaria.
“Prendiamo Re Lear, per esempio: la trama non vuole metterci in guardia dall’ostinazione del protagonista, da essa impariamo semplicemente a immergerci nella condizione umana, diventiamo tutt’uno con i protagonisti perché essi sono vivi, simili a noi. La letteratura infatti non è una galleria di personaggi immacolati, ma un’eterogenea collezione di reietti e di peccatrici, di dottor Faustus e di Madame Bovary, di Falstaff e Mrs Bloom, figure tragiche perché piene di difetti, e i difetti sono i nostri. Gli esseri umani sono in grado di immedesimarsi nell’intimità di altri esseri umani: ecco qual è la facoltà che non può essere meccanizzata, neppure in linea di principio”